domingo, 2 de agosto de 2015

SPIRITUALITA' EYMARDIANA

Vita di S.P. Giuliano Eymard
SPIRITUALITA'  EYMARDIANA
SOMMARIO





Il Sacro Cuore di Gesù , scritto di S. Pietro Giuliano Eymard



S. Pietro Giuliano Eymard
IL SACRO CUORE DI GESÙ


Il mio cuore sarà lì per sempre (1 Re 9, 3)
San Paolo augurava agli Efesini che potessero conoscere ñ mediante la grazia del Padre, dal quale procede ogni dono ñ la scienza sopraeminente della carità di Gesù Cristo verso gli uomini.
Non avrebbe potuto desiderare cosa più santa e più vantaggiosa, né cosa più importante. Conoscere l'amore di Gesù Cristo, essere ripieni della sua pienezza, questo è il regno di Dio nell'uomo. Ma questo non è che il frutto della devozione al Cuore di Gesù che vive e che ci ama nel SS.mo Sacramento. Questa devozione è il supremo culto dell'amore. È l'anima di tutta la religione, il suo centro; la religione infatti è la legge, la virtù, la perfezione dell'amore; e il Sacro Cuore ne è la grazia, il modello, la vita. Studiamo questo amore dinanzi al focolare nel quale esso si consuma per noi.
La devozione al Sacro Cuore ha un duplice oggetto; essa in primo luogo si propone di onorare, con l'adorazione e il culto esterno, il cuore di carne di Gesù Cristo, ed onorare inoltre l'amore infinito di cui ha bruciato questo Cuore dal dì della sua incoronazione e che ancora lo consuma, sui nostri altari.
1. - IL CUORE, COMPENDIO DI TUTTA LAVITA.
La più nobile tra tutte le facoltà dell'uomo è il cuore. Il suo posto è al centro del corpo, come un re che sta al centro dei suoi stati. È immediatamente circondato dalle membra più importanti, che sono come i suoi ministri e i suoi ufficiali; esso li muove, dà loro l'attività comunicando loro quel calore vitale di cui è la riserva. E' la sorgente donde sprizza impetuosamente il sangue, per spandersi in tutte le parti dell'organismo, le innaffia e le rinfresca. Questo sangue poi, debilitatosi, dalla periferia torna al cuore per riaccendervi i suoi fuochi e riprendervi nuovi spiriti di vita.
Ciò che si dice del cuore umano, in genere si applica pure al Cuore adorabile di Gesù Cristo. Esso è la porzione più nobile del corpo dall'Uomo-Dio, il quale essendo unito ipostaticamente al Verbo merita quel culto :supremo di adorazione che compete a Dio solo. Molto importante il non separare mai, nella nostra venerazione, il Cuore di Gesù dalla divinità dell'Uomo-Dio; essi sono uniti da legami indissolubili, e il culto che noi rendiamo al cuore dell'Uomo-Dio non si ferma solo a questo, ma va alla Persona adorabile a cui appartiene e che gli si è unito per sempre.
Ne consegue che noi possiamo rivolgere a questo Cuore divino le preghiere, gli omaggi, e le adorazioni stesse che offriamo a Dio. Si sbagliano dunque coloro che quando sentono questa frase: "il Cuore di Gesù" limitano tutti i loro pensieri a quest'organo materiale e non vi vedono che un membro senza vita e senz'amore, ritenendolo, nulla più che una Sacra reliquia; né si sbagliano di meno quelli che credono che questa devozione fraziona Gesù Cristo e restringe al solo Cuore un culto che è dovuto a tutta la sua Persona. Onorando il Cuore di Gesù noi non escludiamo tutto il resto del divino composto dell'Uomo-Dio; onorando il suo Cuore noi intendiamo celebrare tutte le azioni, tutta la vita di Gesù Cristo, che a ben pensarci non è che la diffusione all'esterno del suo Cuore.
Come i raggi caduti che fertilizzano la terra e conservano nel mondo la vita non si formano che nel sole, dal quale nascono, così dal cuore nascono quelle dolci e forti influenze che portano il calore vitale e il vigore in tutte le membra. Quando, il cuore è languido tutto l'uomo languisce con esso; se esso soffre, soffre pure tutto il corpo, le funzioni si fanno irregolari e l'organismo si guasta. Il compito del Cuore di Gesù fu perciò quello di vivificare, fortificare e sostenere tutte le sue membra, tutti i suoi organi e i suoi sensi con delle influenze continuate, in modo che esso era il principio delle azioni, delle affezioni, delle virtù e di tutta la vita nel Verbo fatto carne.
Per consenso unanime di tutti i filosofi il cuore è ritenuto il focolare dell'amore; e se il motore di tutta la vita di Gesù è stato l'amore, è al suo Cuore che noi dobbiamo attribuire tutti i suoi misteri e tutte le sue virtù. "Come è naturale per il fuoco bruciare - dice S. Tommaso - così è naturale per il cuore amare; e poiché esso nell'uomo è l'organo primario del sentimento, è conveniente che l'atto comandato dal primo di tutti i precetti sia reso sensibile mediante il cuore"
Come gli occhi vedono, e le orecchie sentono, così il cuore ama; è l'organo dell'anima per la produzione degli affetti e dell'amore. Il linguaggio ordinario ha confuso le due espressioni: si adopera la parola cuore per dire l'amore e viceversa. Il Cuore di Gesù è dunque stato l'organo del suo amore; ha cooperato al suo amore, ne è stato il principio, la sede; ha provate tutte le impressioni d'amore che possono capitare ad un uomo, con questa sola differenza, che siccome l'anima di Gesù Cristo ama di un amore incomparabile e infinito, il suo Cuore è una fornace d'amore sia per Dio che per noi; da esso si sprigionano le fiamme più ardenti e più pure dell'amore divino. Esse lo divorano, dal primo istante del suo concepimento fino all'ultimo suo respiro; e non hanno scemato dopo la sua risurrezione, e non cesseranno mai.
Questo cuore divino ha prodotto e produce quotidianamente innumerevoli atti d'amore, dei quali uno solo basta per onorare Dio più che tutti gli atti d'amore degli angeli e dei santi. Tra le creature materiali questa è quella che più di ogni altra contribuisce alla gloria del Creatore e che più di ogni altra merita il culto e l'amore degli angeli e degli uomini. Tutto ciò che riguarda la Persona del Figlio di Dio è infinitamente degno di venerazione. Una sia pur minima particella del corpo, la più impercettibile goccia del suo sangue meritano le adorazioni del cielo e della terra. Anche le cose che di per sè sarebbero le più vili, per aver anche solo toccato la sua carne diventano degne di venerazione: così la croce, e così i chiodi, le spine, la spugna e tutti gli strumenti del suo supplizio. Ma quanto di più non bisogna venerare il suo Cuore, la cui eccellenza è fondata sulla nobiltà delle funzioni che esercita, sulla perfezione dei sentimenti che produce, e dell'azione che ispira?
Se Gesù è nato in una stalla, se è vissuto povero a Nazareth, se è morto per noi, tutto questo noi lo dobbiamo al suo Cuore. Proprio in questo santuario si formavano tutte le evoluzioni eroiche, tutti i progetti che dirigevano la sua vita.
Ecco perché il suo Cuore deve essere onorato, come lo è il Presepio, nel quale l'anima fedele vede Gesù che viene al mondo povero ed abbandonato, come lo è la cattedra dalla quale Gesù ci predica il suo comandamento: Imparate da me che sono dolce ed umile di cuore; come la Croce dove il credente lo vede spirare; come il sepolcro dal quale lo vede risorgere glorioso ed immortale; e infine come il Vangelo Eterno che le insegna ad imitarne tutte le virtù, poiché di tutte esso è un modello perfetto.
L'anima devota del Sacro Cuore si dedicherà pertanto prevalentemente all'esercizio dell'amore divino, perché questo Cuore è soprattutto la sede e il simbolo di questo amore. E siccome il SS.mo Sacramento è il segno sensibile e permanente dell'amore, essa il Cuore di Gesù lo troverà nell'Eucaristia; e imparerà ad amare il suo Cuore Eucaristico.
2. - IL NOSTRO CUORE HA BISOGNO DEL CONTATTO PERMANENTE CON L'AMORE.
Se Gesù Cristo vuole essere sempre amato dall'uomo, bisogna anche che gli attesti sempre il suo amore; e come per vincere e conquistare il nostro cuore Iddio ha dovuto farsi uomo sensibile e palpabile, così, affinché la sua conquista sia stabile, egli ci deve far sentire un amore sensibile ed umanizzato. La legge dell'amore è perpetua; tale deve essere pure la sua grazia; questo sole dell'amore non deve tramontare mai sul cuore dell'uomo, ché altrimenti si raffredda e il ghiaccio della morte e dell'oblio lo seppelliranno. Il cuore non si dà che alla vita, non si unisce che all'amore attuale, quell'amore che dà continuamente prove attuali della propria esistenza.
Nel Santo Sacramento sono precisamente riuniti e trionfanti nel suo Cuore glorioso e vivente tutti quanti gli amori della vita mortale dei Salvatore e tutto l'amore di Bambino apostolo del Padre suo nella sua vita pubblica; e tutto il suo amore di vittima sulla croce. E' qui che dobbiamo venire a cercare il suo amore, e nutrircene. Egli sta anche nel cielo: è vero; ma là c'è per gli Angeli e i Santi gloriosi. Nell'Eucaristia c'è per noi; la nostra devozione verso il Sacro Cuore deve perciò essere eucaristica, deve concentrarsi nella divina Eucaristia, come nell'unico centro personale e vivente dell'amore e delle grazie del Sacro Cuore per gli uomini,
Qual motivo c'è per separare il Cuore di Gesù dal suo corpo e dalla sua divinità? Non è forse vero che egli col suo Cuore vive nel SS.mo Sacramento, e che il suo corpo è vivente ed animato?
Gesù risorto non muore più. Perché allora separare il suo Cuore dalla sua Persona e voler farlo morire nella nostra anima? No, no, questo Cuore divino nell'Eucaristia è vivo e palpitante; - vivo, ma non più della vita del Salvatore, passibile, mortale, capace ancora di tristezza, di agonia o di dolore, ma vivo di una vita di risuscitato, vita consumatesi nella beatitudine. Questa impossibilità di soffrire e di morire non diminuisce niente la realtà della sua vita; viceversa la rende più perfetta. È forse mai entrata la morte in Dio? Egli è la sorgente della vita perfetta ed eterna.
Il Cuore di Gesù è vivo nell'Eucaristia, perché in essa è vivente il suo corpo. Questo cuore, ben è vero, non è più tangibile né visibile, ma è anche vero che esso è là, per tutti gli uomini, sempre quello. Questo che è il principio stesso Sella vita deve essere misterioso e velato: discoprirlo sarebbe la sua morte; la sua esistenza la si constata solo dagli effetti che produce. L'uomo non chiede mai d't vedere il cuore dell'amico, una parola gli basta per conoscerne l'amore. Che sarà allora il Cuore divino di Gesù! Esso ci si manifesta nei sentimenti che ci ispira, tanto ci deve bastare. Chi potrebbe, d'altronde contemplare la bellezza e la bontà di questo Cuore divino? Chi potrebbe sopportare il fulgore della sua gloria, gli ardori consumatori e divoratori di questa fornace divina? Chi oserebbe anche solo guardare quest'arca divina dove sta scritto a caratteri di fuoco il Vangelo dell'amore, dove sono glorificate tutte le sue virtù, dove ha trono il suo amore e la sua bontà e tutti i suoi tesori? E chi ardirebbe penetrare nel santuario stesso della Divinità?
Il Cuore di Gesù!
Ma è quel cielo dei cieli nel quale abita lo stesso Iddio che in esso trova le sue delizie!
No, che noi non lo vediamo, il Cuore Eucaristico di Gesù, noi però lo possediamo: è nostro!
E voi desiderate forse conoscerne la vita? Essa si svolge tra il suo Eterno Padre e noi.
Egli ci guarda. Mentre sta chiuso in una povera Ostia e sembra che il Salvatore dorma il sonno dell'impotenza, il suo Cuore veglia: Ego dormio, et Cor meum vigilat. Questo cuore veglia quando noi non lo pensiamo, e non ce lo sognamo neanche; non conosce requie e lancia verso il Padre suo le sue grida supplicanti il perdono per noi. Gesù ci copre col suo Cuore e ci preserva dalle percosse dell'ira divina provocata dai nostri peccati; il suo Cuore è là, come già sulla Croce, aperto, e lascia cadere sul nostro capo i torrenti della grazia e dell'amore.
È là pronto a difenderci contro i nostri nemici, come una mamma che per difendere il suo bimbo da un pericolo, se lo stringe al cuore; e non si può giungere a lui senza prima toccare la madre. Una madre non può dimenticare il suo figlio, dice Gesù, ma anche se questo avvenisse io non vi abbandonerò giammai.
Il Cuore di Gesù guarda in secondo luogo il Padre suo. Lo adora con le sue umiliazioni ineffabili e con la sua adorazione di annientamento; lo loda, lo ringrazia dei benefici che accorda agli uomini, ai suoi fratelli; alla giustizia del Padre offre se stesso come vittima, e la sua preghiera per la Chiesa, per i peccatori e per tutte le anime che egli stesso ha redente è incessante.
Oh! Padre santo, guarda con compiacenza il Cuore dei tuo Figlio Gesù! Guarda al suo amore, ascolta i suoi sospiri; ed il Cuore Eucaristico di Gesù sia la nostra salvezza.
3 - INTIME RELAZIONI TRA IL S. CUORE E L'EUCARISTIA.
Ma le stesse ragioni in base alle quali fu istituita la Festa del Sacro Cuore e il modo con cui Gesù manifestò il suo Cuore ci insegnano che noi dobbiamo onorarlo nell'Eucaristia e che solo là noi lo troveremo con tutto il suo amore.
Santa Margherita Maria ricevette la rivelazione del Sacro Cuore mentre era dinanzi al SS.mo Sacramento; Gesù le si svelò in un'Ostia mostrandole il suo Cuore e dicendole quelle parole adorabili che costituiscono il commento più eloquente alla presenza reale del SS.mo Sacramento: "Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini!"
E, apparendo alla ven. M. Matilde, fondatrice di una società di adoratrici, le comandò di amare ardentemente, e di onorare il suo Sacro Cuore nel SS. Sacramento; questo perché fosse pegno del suo amore, perché fosse il suo rifugio in vita, e la sua consolazione nell'ora della morte.
Del resto lo scopo della festa del Sacro Cuore è quello di onorare con maggior fervore e devozione l'amore di Gesù Cristo che soffre ed istituisce il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue.
Per entrare nello spirito della devozione verso il Sacro Cuore, bisogna dunque che onoriate i patimenti passati del Salvatore e ripariate le ingratitudini di cui è colmato ogni giorno nell'Eucaristia,
Grandi sono stati i dolori del Cuore di Gesù! Tutte le prove si sono accumulate su di lui: è stato abbeverato di umiliazioni; le più ributtanti calunnie lo hanno assalito e si sono accanite per disonorarlo; è stato saziato di obbrobri; ogni genere di disprezzi gli è stato lanciato contro.
Ma a nulla è valso; egli si è offerto perché lo ha voluto lui; e non se ne è pentito. Il suo amore è stato forte più della morte e tutti i torrenti della desolazione non sono riusciti a spegnerne gli ardori.
Ora questi dolori sono finiti, non c'è dubbio, ma siccome egli li ha voluti soffrire per noi, la nostra riconoscenza non deve finire; il nostro amore deve onorarli come se fossero presenti sotto i nostri occhi. Quel Cuore che li ha patiti con tanto amore, eccolo; non è morto, è vivente, attivo; non è insensibile ma sempre più tenero.
Ohimè! Nonostante Gesù non possa più soffrire, gli uomini continuano a spiegare verso di lui una indifferenza che ha del mostruoso. E precisamente queste ingratitudini verso un Dio presente, che vive in nostra compagnia per ottenere il nostro amore, ah, questo è il supremo tormento del cuore di Gesù nel SS.mo Sacramento!
L'uomo è indifferente a questo dono supremo dell'amore di Gesù per lui. Egli non ne fa caso, neanche ci pensa, o, posto che Gesù faccia proprio di tutto per risvegliarlo dal suo torpore, ci pensa contro voglia, per scacciare questo pensiero divenuto importuno. Egli non sa che farne dell'amore di Gesù Cristo,
Più ancora. L'empio si sente costretto quasi, un po' dalla fede, un po' dai ricordi della sua educazione forse cristiana un po' dal sentimento di adorare Gesù nell'Eucaristia che Iddio stesso mette nel fondo del suo cuore. Ma egli insorge contro il più amabile fra i dogmi della fede, e giunge fino a negare, fino ad apostatare, pur di non aver da immolare a lui un idolo che sta nel suo cuore, una passione, pur di restare ancora immobilizzato nelle sue vergognose catene.
La sua malizia va ancora oltre: non si accontenta di negare, ma non indietreggia neppure dinanzi al crimine di rinnovare gli orrori della Passione del Salvatore.
Si vedono ancora dei cristiani che disprezzano Gesù nel SS.mo Sacramento, che disprezzano questo Cuore che tanto li ha amati: che ancora si consuma di amore per essi! Approfittano, per disprezzarlo, del velo che lo copre.
Lo insultano colle loro irriverenze, coi loro rei pensieri, coi loro sguardi criminali di cui neanche alla sua presenza sanno astenersi. Approfittano, per disprezzarlo, di questa pazienza inalterabile, di questa bontà che tutto sopporta in silenzio, anche gli empi soldati di Caifa, di Erode e di Pilato.
Bestemmiano, i sacrileghi, contro il Dio dell'Eucaristia; poiché sanno che il suo amore lo ha reso muto.
Lo crocifiggono nell'anima loro colpevole: lo ricevono! Osano prendere questo cuore vivente e incatenarlo al loro fetido cadavere e darlo in balia del diavolo che se ne fa padrone.
No, che Gesù anche nel tempo della sua Passione non ha mai ricevuto tanti oltraggi quanti ne riceve nel suo Sacramento. La terra per lui è un Calvario d'ignominia.
Ah, nella sua agonia egli invocava un consolatore; e sulla croce supplicava che si compatisse il suo dolore; ma presentemente quanto mai è necessario l'ammenda onorevole, e la riparazione in onore del Cuore adorabile di Gesù! Circondiamo quindi l'Eucaristia con le nostre adorazioni, col nostro amore.
Al Cuore dì Gesù vivente nel SS.mo Sacramento, amore, lode, adorazione e regno nei secoli dei secoli!

San Pietro Giuliano Eymard: Nostro Signore dimora nel SS. Sacramento per ricevere dagli uomini gli stessi omaggi che ricevette da coloro che ebbero la ventura di essergli vicini durante la sua vita mortale.


Dagli scritti

…Nostro Signore dimora nel SS. Sacramento per ricevere dagli uomini gli stessi omaggi che ricevette da coloro che ebbero la ventura di essergli vicini durante la sua vita mortale. Egli è là affinché tutti possano rendere personalmente i loro omaggi alla sua Santa Umanità. Anche quando questa fosse la sola ragione dell'esistenza dell'Eucaristia, noi dovremmo essere beati di poter rendere a Nostro Signore in persona i nostri omaggi di cristiani.
Per questa Presenza il culto pubblico ha la sua ragione di essere, ha una vita. Togliete la reale Presenza, e allora come renderete alla Santissima Umanità di Nostro Signore la venerazione, gli onori che le sono dovuti?
Nostro Signore come uomo non è che in Cielo e nel SS. Sacramento. Soltanto per mezzo dell'Eucaristia noi possiamo quaggiù avvicinarci al Divin Redentore, proprio a Lui, in persona, vederlo, parlargli; senza di essa il culto diviene astratto.
Per essa noi andiamo a Dio direttamente, ci avviciniamo a Lui come durante la sua vita mortale. Come saremmo infelici se dovessimo, per onorare l'Umanità di Gesù Cristo, riferirci soltanto a ricordi di diciannove secoli fa! Questo può bastare nella cerchia del pensiero; ma come mai rendere un omaggio esterno ad un passato così lontano? Noi ci contenteremmo di ringraziare senza prender parte ai misteri che onoriamo. Ma non è così; io posso recarmi ad adorare come i pastori, prostrarmi come i Magi. No, noi non abbiamo a rammaricarci di non essere stati a Betlemme o al Calvario.

…Quando sarò elevato da terra, attirerò ogni cosa a me. Dapprima fu dall'alto della croce che Nostro Signore attirò a sé tutte le anime, riscattandole. Ma è pure certo che Gesù, pronunziando queste parole, accennava al suo trono eucaristico, appiè del quale vuole attirare tutte le anime per legarle con le catene dei suo amore. Vuole mettere in noi un amore appassionato verso di lui.
Un'idea, una virtù, che non diventano amore appassionato, non produrranno nulla di grande. L'affezione di un fanciullo non è amore secondo tutta la forza della parola: esso ama per istinto e perché si sente amato, ama se stesso in coloro che gli fanno del bene.
Un domestico può dedicarsi tutto al suo servizio, ma non amerà davvero, se non si dedica ai suoi padroni per affetto e senza alcuna mira d'interesse personale.
L'amore trionfa allora, solo che è una passione della nostra vita. Si possono produrre atti isolati d'amore più o meno frequenti, ma la nostra vita non è impegnata, non è donata. Ora, finché non avremo per Gesù in Sacramento un amore appassionato, non avremo fatto nulla. Nostro Signore certo ci ama appassionatamente, ciecamente, senza punto pensare a se stesso, sacrificandosi tutto per noi: bisogna dunque ricambiarlo!

…Che se non giungiamo tutti fin là, tutti possiamo amare appassionatamente Gesù e lasciarci dominare da questo amore.
Non amate voi qualche persona? O madri, non avete voi un amore appassionato per i vostri figli? Spose, forse che non amate appassionatamente i vostri sposi? E voi, figli, non sentite tutta la dolcezza dell'affetto verso i vostri genitori? Or bene, applicate questo vostro amore a Gesù. Non vi sono due amori, ma uno solo. Egli non vi domanda di avere due cuori, uno per Lui e l'altro per quelli che amate su questa terra.
O madri, amate dunque il Santissimo Sacramento col vostro cuore di madre, amatelo come un figlio! Spose, amatelo come vostro sposo! Figli, amatelo come vostro padre!
Abbiamo una sola potenza di amare, ma capace di abbracciare oggetti diversi, con motivi diversi. Certuni amano alla follia i parenti, gli amici, e non sanno amare il Signore. Ma quel che facciamo per la creatura è quello stesso che dobbiamo fare per Dio: con questa differenza soltanto, che Iddio va amato senza misura e sempre più.

…Il Verbo Eterno che voleva ricondurci al Padre, non potendo come Dio praticare le virtù proprie di noi uomini, le quali implicano tutte il combattimento e il Sacrificio, si è fatto uomo; ha preso gli strumenti nostri ed ha lavorato sotto i nostri occhi. E come in Cielo, ove è ritornato glorioso, non potrebbe più esercitare la pazienza, la povertà, la umiltà, si è fatto Sacramento per continuare ad essere il nostro modello.
Queste virtù non procedono più dalla sua libera volontà per modo da produrre gli atti mentori: né ha fatto il suo stato permanente e ne è come rivestito. Prima ne praticava gli atti: ora ne ha rivestito esteriormente lo stato. Nella sua vita mortale fu umile ed umiliato; ora regna glorioso, ma in una condizione esterna di umiltà nel Santissimo Sacramento. Ha unito a se inseparabilmente lo stato abituale delle virtù: contemplandolo, noi vediamo le sue virtù e sappiamo in qual modo farne gli atti. Togliete la sua umiliazione e cessa lo stato sacramentale. Togliete la sua povertà, supponete che Egli sia seguito da uno splendido corteo; noi saremo come annientati al cospetto della sua maestà, ma non vi sarà più l'attrattiva dell'amore, perché questo non si dimostra che discendendo. Gesù in Sacramento esercita la potenza, perdona le ingiurie anche più che sul Calvario. Là i suoi carnefici non lo conoscevano, qui è conosciuto e insultato. Egli prega per tante città deicide, dalle quali è proscritto. Senza questo grido di perdono non vi sarebbe più il Sacramento d'amore, che la giustizia circonderebbe e difenderebbe il trono di Gesù insultato.

…Nostro Signore nel Santissimo Sacramento è il nostro modello; vediamo in qual modo Egli c'insegna le virtù che fanno i santi. A tal fine osserviamo qual è lo stato in cui si trova: la forma della sua vita sarà la forma delle nostre virtù. Studiare come Egli è, intenderemo quel che vuole, poiché l'esterno indica l'interno. Dalle parole, dalle maniere si argomenta quel che sta nell'anima. Quando si vedeva Nostro Signore povero e conversare con i poveri, si capiva ch'Egli era venuto a salvarci per mezzo della povertà. Quando Egli moriva per noi, c'insegnava quel che dobbiamo fare per andar in Cielo. Ora lo stato di Nostro Signore nel Santissimo Sacramento, il carattere che vi domina e ci colpisce, è l'annichilamento.
Pertanto questo stato ci deve far conoscere di che si occupi e quali siano le sue virtù, che tutte, ciascuna secondo la sua natura, prenderanno questa forma, questa impronta di umiltà e di annichilamento. Studiatelo questo annientamento e saprete quel che dovete fare per rassomigliare al vostro modello, e per essere nella grazia della santità eucaristica. Ricordatevi che questo è il carattere dominante di Gesù in Sacramento e che deve essere anche il vostro se volete vivere della grazia che emana dall'Eucaristia

…Meditare Nostro Signore annichilato nell'adorabile Sacramento è il vero cammino dell'umiltà. Si comprende che il suo annichilamento è la prova più grande del suo amore e che tale deve essere pure la prova del nostro; si comprende che bisogna abbassarsi fino a Gesù Cristo che si è messo al pari con gli ultimi esseri della creazione.
Ecco la vera umiltà, che da del suo, facendo risalire a Dio l'onore e la dignità che ne riceve. Credono molti che non possiamo umiliarci se non dei nostri peccati e delle nostre miserie, non già nel bene, nella grandezza soprannaturale. Ma lo possiamo, certamente. Far risalire ogni bene a Dio è l'umiltà di ossequio, l'umiltà più perfetta. Ce la insegna Nostro Signore, e più ci appressiamo a lui, più come lui ci umiliamo. Vedete la Santissima Vergine, esente da peccato, senza difetto od imperfezione, tutta bella, tutta perfetta, tutta splendente per la sua grazia di Immacolata e per la sua incessante cooperazione: ella si umilia più di ogni altra creatura. Consiste l'umiltà nel riconoscere che nulla siamo senza Dio e nel riferire a lui tutto quel che siamo; e quanto più uno è perfetto, più cresce questa umiltà, perché ha più da rendere a Dio; a misura che le grazie ci elevano, noi discendiamo; le nostre grazie sono i gradini della nostra umiltà.
L'Eucaristia dunque c'insegna a riferire a Dio la grandezza e la gloria e non soltanto ad umiliarci delle nostre miserie. Ed è una lezione permanente. Pertanto ogni anima eucaristica deve divenir umile: la vicinanza, la compagnia di Gesù in Sacramento deve renderci tali che più non pensiamo né operiamo se non per impulso di questa divinità annichilata.

…Or che dirò della dolcezza di Gesù in Sacramento? Come vi descriverò la sua bontà nel ricevere tutti; l'affabilità, nell'adattarsi agli uni e agli altri, ai piccoli, agli ignoranti; la pazienza nell'ascoltar tutti e tutto quel che gli vogliono dire, il lungo racconto di tante miserie; la tenera sua bontà nella Comunione in cui si da a ciascuno secondo la sua condizione ed entra in tutti con gioia, purché trovi lo stato di grazia e un po' di devozione, qualche buon desiderio, almeno un po' di rispetto, e da a ciascuno la grazia che gli conviene, lasciandogli l'anima inondata di amore e di pace come ricompensa dell'accoglienza ricevuta? E quale dolcezza paziente e misericordiosa verso quelli che lo dimenticano! Li aspetta! Prega per quelli che l'offendono e lo disprezzano; non leva lamenti né fa sentire minacce; non punisce all'istante gli oltraggiatori sacrileghi, ma con la sua dolcezza e bontà si adopera a rimetterli sul buon cammino. L'Eucaristia è il trionfo della mansuetudine di Gesù Cristo.

Gesù Cristo volendo essere sempre amato dall'uomo gli da' incessanti prove del suo amore; e come, per vincere e conquistare il nostro cuore, ha dovuto farsi uomo, sensibile e palpabile, così per assicurare la sua conquista deve continuare a farci sentire un amore alla umana. Perpetua è la legge dell'amore e tale deve esserne pure la grazia; il dolce sole dell'amor di Dio non deve mai tramontare per il nostro cuore, affinché questo non sia invaso dal gelo della morte e dell'oblio. Il cuore umano si da' a quel che è vivo, si unisce all'amore che gli da prove attuali della sua esistenza.
Orbene, l'amore che animò la vita mortale del Salvatore, da quello di bambino nella culla a quello di apostolo del Padre durante la predicazione e di vittima sulla croce, tutto si trova riunito e trionfante nel suo Cuore vivente nel SS. Sacramento. Qui dobbiamo cercarlo e nutrircene. Certo il Sacro Cuore è pure in Cielo, ma per gli Angeli ed i Santi già coronati. Nell'Eucaristia è per noi.
Dunque la nostra devozione verso il Sacro Cuore dev'essere eucaristica, concentrarsi nella divina Eucaristia, come nel centro personale e vivente dell'amore e delle grazie del Sacro Cuore per noi.
Perché separare il Cuore di Gesù dal suo Corpo e dalla sua divinità? E' esso che vivifica e anima il suo Corpo nel Sacramento. Gesù risorto non muore più: perché separarne il Cuore dalla Persona e volerlo, per così dire, far morire nella nostra mente?

…Rallegratevi dunque in questo bel giorno in cui spunta sull'orizzonte il divin sole dell'Eucaristia. La vostra riconoscenza non disgiunga mai il Presepio dall'Altare, il Verbo fatto carne dall'Uomo-Dio fatto pane di vita eterna nel SS. Sacramento.